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Gli Ubaldini

Le origini e l’ascesa politica

La potente famiglia degli Ubaldini, che ha dominato per lungo tempo il Mugello e gli Appennini, in origine apparteneva a quel ristretto gruppo di stirpi aristocratiche inserite nell’entourage dei Marchesi di Toscana. Ed in particolare gli Ubaldini furono strettamente legati alla stirpe dei Canossa. Tali rapporti allacciati con il potere permisero l’avvicinamento di alcuni membri dalla casata alla città di Firenze intorno alla metà del secolo XI, ed il loro inserimento all’interno delle clientele dei maggiori enti religiosi cittadini come il vescovado. Ma soprattutto la collocazione presso la cerchia marchionale costituì un potente fattore di promozione sociale che contribuì all’ascesa della famiglia. Ascesa che le permise di affermarsi come forza egemone sul territorio mugellano nel corso del secolo XII, dopo la scomparsa del marchesato di Toscana. Infatti con la morte di Matilde di Canossa, gli Ubaldini spostarono tutti i loro interessi verso il contado con l’intento di crearsi un dominato signorile basato sul vasto patrimonio fondiario da essi posseduto.

La costituzione e l’estensione della signoria

Fu con Ubaldino, documentato dal 1098 al 1105, il primo della casata a portare tale nome nonostante non fosse il capostipite, che si accrebbe notevolmente il prestigio della famiglia. Tanto che questa da lui prese la denominazione. Ma il successo politico che permise alla famiglia di costituire la nota e forte signoria rurale, fu dovuto anche da altri fattori: in primo luogo perché fu adottata una peculiare strategia genealogica tendente a privilegiare la discendenza primogenita. Si escludeva così la possibilità di spartizione di eventuali eredità tra i successori e quindi si manteneva l’integrità patrimoniale. Questo determinò la possibilità di un pieno controllo del territorio e delle sue risorse. Soltanto sul finire del XII secolo che i figli di Ubaldino di Mugello, nipote del precedente, pervennero alla spartizione del vasto territorio in base alla quale la casata venne a scindersi nei tre rami che caratterizzeranno la storia della casata negli anni a venire. Nacquero in questa occasione le genealogie che presero sede a Galliano, a Senni e la principale a Montaccianico. La famiglia durante tale periodo era in possesso di un vasto patrimonio fondiario, associato a svariati diritti di signoria e al controllo di numerosi castelli. In particolare gli Ubaldini esercitavano la loro egemonia attraverso un forte controllo militare e giuridico delle popolazioni su di una vasta area. Questa andava dai rilievi a nord di Firenze lungo la valle del Faltona fino nel cuore dell’appennino bolognese, con diramazioni nell’alta Val di Sieve e del Santerno. Oggi si estenderebbe sui territori comunali di Borgo S. Lorenzo, Scarperia, Firenzuola e Monghidoro, ed in parte Barberino di Mugello, S. Piero a Sieve e Vicchio. La casata, quindi, possedendo beni lungo i due versanti appenninici, era in grado di controllare le principali arterie stradali che collegavano Firenze con Bologna e l’area padana. Pertanto controllava anche alcune zone altamente strategiche come erano i valichi appenninici.

Il ramo di Montaccianico

Dei tre rami che si formarono all’interno della famiglia prevalse quello di Montaccianico, i cui esponenti in seguito estenderanno i loro possedimenti anche verso la valle del Senio e la Romagna, nonché in Umbria e nel Montefeltro. Quando gli Ubaldini di Montaccianico ottennero la legittimazione istituzionale concessa con privilegio nel 1220 dall’imperatore Federico II, da lui rinnovata nel 1246, la loro signoria raggiunse la sua maturazione politica. Riconoscenti dei favori ottenuti rimasero fedeli all’Impero, individuato come fonte legittimante della loro sovranità, e quindi si posero ai vertici del ghibellinismo toscano. Aderirono infatti alla Lega Ghibellina di Toscana nell’estate del 1251, dando così vita alla secolare guerra contro Firenze. Naturalmente alla ramificazione di Montaccianico appartennero i personaggi più noti della casata: in particolare il cardinale Ottaviano (1213-1272), e suo fratello maggiore Ubaldino della Pila (1205c.-1289). Inoltre Ruggieri figlio del medesimo Ubaldino della Pila, che fu arcivescovo di Pisa dal 1278 al 1295 e condannò a morte il conte Ugolino facendolo rinchiudere nella “Torre della Fame”, episodio al quale Dante dedicò l’intero XXXIII canto dell’Inferno. Quindi Ugolino da Senni nipote dei suddetti fratelli (dal 1238-1293).

La guerra contro Firenze e la caduta di Montaccianico

Dato che i dirigenti fiorentini rivendicavano come proprio buona parte del territorio compreso nel districtus Ubaldinorum, la guerra appariva come l’unica soluzione possibile nei rapporti con la stirpe ubaldina, per il rischio che questa rappresentava ai loro occhi. Infatti la consorteria si presentava come una forza coesa ed ostile  capace, attraverso un forte controlo della popolazione, di opporsi cone efficacia all’espansione territoriale cittadina. Agli inizi del ‘300 la guerra s’intesificò in seguito alla scissione del partito Guelfo nelle fazioni dei Bianchi e dei Neri, ed il conseguente sostegno politico e militare offerto dagli Ubaldini ai primi esiliati da Firenze a partire dal 1301. I Bianchi nell’estate del 1302, facendo lega con i Ghibellini romagnoli, dettero vita ad un’allenaza militare con gli Ubaldini attraverso il noto accordo di San Godenzo, al quale partecipò anche Dante Alighieri. Quindi il castello di Montaccianico divenne, con le città di Pistoia e Bologna, baluardo della lotta contro i Neri fiorentini e i loro alleati. Lo scontro si prolungò ad alterne vicende fino al 1306 quando, dopo il voltafaccia di Bologna e la caduta di Pistoia per assedio all’inizio dell’anno, il Comune di Firenze e gli alleati decretarono un’azione risolutiva nei confronti degli Ubaldini e della loro roccaforte. Dopo quattro mesi di assedio i fiorentini ottennero la resa di Montaccianico pagandola a caro prezzo (due parti del castello costarono almeno 15.600 fiorini d’oro). Quindi promossero l’edificazione della “terra nova” di Castel S. Barnaba (Scarperia). Questo presidio cittadino aveva il compito di sostituire gli Ubaldini nel controllo diretto della popolazione.

L’ultima resistenza e la fine della signoria

Se i dirigenti fiorentini nel 1306 erano riusciti a strappare al casato nobiliare , ed abbattere, il loro castello principale, la politica di controllo della popolazione risultò inefficace nell’area appenninica dove gli Ubaldini si riorganizzarono ed impedirono la penetrazione del Comune. Infatti dopo una prima e formale sottomissione avvenuta nel 1309, questi ripresero le armi contro la città schierandosi apertamente dalla parte dell’imperatore Arrigo VII (1312-1313), con il loro sostegno e partecipazione all’assedio della stessa Firenze. Poi nuovamente con Ludovico IV (1325-1330), quindi con Pisa (1342) e l’arcivescovo di Milano Giovanni Visconti (1351-1353). Sarà soltanto l’indebolimento della coesione familiare, dovuta a ulteriori frammentazioni in altri rami e conseguente frazionamento del patrimonio, che permetterà a Firenze di avere ragione dei suoi oppositori. Infatti la guerra si concluse nel 1373 con la definitiva sottomissione degli Ubaldini alla Repubblica attraverso la resa degli ultimi quattordici castelli posseduti dalla casata tra le Alpes Ubaldinorum (Valle del Santerno) e del Podere (territorio di Palazzuolo sul Senio e parte di quello di Marradi), con la conseguente delegittimazione dei poteri signorili.

DANTE ALIGHIERI E GLI UBALDINI

Alcuni dei più noti personaggi della famiglia degli Ubaldini, tutti appartenenti al ramo di Montaccianico, non potevano sfuggire alla penna di Dante, e di fatti furono dal “Sommo Poeta” inseriti tra gli innumerevoli personaggi che appaiono nella Commedia. Questi sono:

il “Cardinale” Ottaviano, figlio di Ugolino di Albizo, fu il presonaggio più noto del casato, Dante lo colloca assieme all’imperatore Federico II nell’Inferno, c. X, vv. 118-120, tra gli epicurei e negatori dell’anima, come ricorda al Poeta Farinata degli Uberti con le seguenti parole:

Dissemi: Qui con più di mille giaccio:

qua dentro è ‘l secondo Federico,

e ‘l Cardinale; e delli altri mi taccio.

Ubaldino della Pila, fratello maggiore del cardinale, fu il capo politico della consorteria che guidava con il fratello, nonché uno dei capi Ghibellini toscani. Dante lo incontra tra i golosi nel Purgatorio, c. XXIV, vv. 28-30:

Vidi per fame a voto usar li denti

Ubaldin dalla Pila e Bonifazio

che pasturò col rocco molte genti.

Ugolino di Azzo, forse Ugolino figlio di Azzo da Montaccianico, cugino dei primi due, oppure Ugolino da Senni, nipote degli stessi e quindi figlio di loro fratello Azzo della Pila. Ricordato anch’esso nel Purgatorio, c. XIV, vv. 103-105 da Guido del Duca:

Non ti maravigliar, s’io piango, Tosco,

quando rimembro con Guido da Prata

Ugolin d’Azzo che vivette nosco,

Arcivescovo Ruggeri, figlio di Ubaldino della Pila, fu l’arcivescovo di Pisa che condannò a morte il conte Ugolino facendolo rinchiudere nella “Torre della Fame”, assumendo così il potere sulla città di Pisa. A tale episodio dedica parte del XXXII e quasi tutto il XXXIII canto dell’Inferno, c. XXXIII, vv. 13-15:

Tu dei saper ch’i fui conte Ugolino

e questi è l’arcivescovo Ruggieri

or ti dirò perch’i son tal vicino.